LETTERATURA

Ugo Foscolo


IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente, mi vedrai seduto

su la tua pietra, o fratel mio, gemendo

il fior de’ tuoi gentil anni caduto.

La madre or sol, suo dì tardo traendo,

parla di me col tuo cenere muto:

ma io deluse a voi le palme tendo;

e se da lunge i miei tetti saluto,

sento gli avversi Numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta,

e prego anch’io nel tuo porto quïete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!

Straniere genti, l’ossa mie rendete

allora al petto della madre mesta

 


Ugo Foscolo da WikipediaL’autore di questa poesia, Ugo Foscolo, nacque nel 1778 nell’isola greca di Zante, allora appartenente alla Repubblica Veneta. Alla morte del padre Foscolo si trasferì a Venezia con la madre. Affascinato dagli ideali della Rivoluzione Francese, fu un convinto sostenitore di Napoleone Bonaparte, ma rimase deluso dal Trattato di Campoformio (1797), con il quale Napoleone cedeva all’Austria la Repubblica di Venezia.Dopo Campoformio Foscolo si trasferì a Milano, poi a Bologna, a Firenze, e di nuovo a Milano. Nel suo peregrinare conobbe i letterati del tempo. Intanto, nonostante la delusione, continuò a combattere nelle fila dell’esercito francese. Con la caduta di Bonaparte scelse l’esilio volontario a Londra, dove morì nel 1827 a soli quarantanove anni.
In morte del fratello Giovanni” è un sonetto composto di due strofe di quattro versi (quartine) e due strofe di tre versi (terzine). Tutti i versi sono endecasillabi. Le rime si sviluppano secondo lo schema: “A-B-A-B__A-B-A-B__C-D-C__D-C-D”.
Questa lirica è un sonetto di morte e di lontananza. In essa infatti troviamo due temi principali. Il primo è la morte del fratello Giovanni, molto evidente nei versi: “mi vedrai seduto / su la tua pietra, o fratel mio, gemendo / il fior de’ tuoi gentil anni caduto”.
Il secondo tema importante è la lontananza da casa e dalla terra natale, l’essere costretto a errare di paese in paese: “Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente”.
In questa poesia sono presenti anche temi secondari. Nella parte che recita “le secrete / cure che al viver tuo furon tempesta”il poeta allude alle tempestose inquietudini dell’animo; nel verso “e prego anch’io nel tuo porto quïete” egli invoca la quiete.
Con le parole “La madre or sol, suo dì tardo traendo, / parla di me col tuo cenere muto” il poeta evidenzia la solitudine angosciata della madre, mentre nel verso “e se da lunge i miei tetti saluto” egli riconosce la triste consapevolezza di non poter più tornare a Venezia. “Questo di tanta speme oggi mi resta!” è un verso dove nel poeta cade ogni speranza. La lirica si conclude con il presentimento di una morte tra gente straniera: “Straniere genti, l’ossa mie rendete / allora al petto della madre mesta”.
In questa poesia Foscolo esprime il suo dolore di esule, la sua nostalgia di casa e l’immensa tristezza per la morte del fratello.
Leonardo Z.
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